James F. Green

Il nuovo catalogo Hess delle opere di Beethoven

Cura, aggiornamento, traduzione dall'originale in tedesco e prefazione

Varese, Zecchini Editore, 2007, formato 17x24, pp. 236, € 25,00

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lied in Sol Maggiore di L. van Beethoven

dalla cantata "Sei mio ben" di Pietro Metastasio

                

TRADUZIONE DI CRISTOFORO PRODAN

INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA DI

ROBERTO DIEM TIGANI

CON INTRODUZIONE DI SIEGHARD BRANDENBURG

 

Il comune lettore, destinatario elettivo di questa pubblicazione tradotta in italiano da Cristoforo Prodan, nell’avvicinarsi al nuovo catalogo Hess delle opere di Beethoven, dovrà sobbarcarsi la non semplice quanto necessaria lettura di ben sei introduzioni. La prima è quella di Roberto Diem Tigani, curatore dell’edizione italiana del nuovo catalogo Hess per la Zecchini Editore in Varese. La seconda è di Cristoforo Prodan che sottolinea il ruolo importante e determinante svolto dall’avvocato Giovanni Biamonti nel licenziare nel lontano 1953 la prima traduzione italiana della monumentale catalogazione dello Hess dell’Opus beethoveniano per l’Annuario dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, pubblicazione questa tanto meritoria quanto oggi introvabile per il numero assai esiguo di copie stampate all’epoca. Sieghard Brandenburg firma la terza introduzione nella quale emerge in tutta la sua statura il lavoro di un’intera vita di Willy Hess. Il musicologo e musicista di Winterthur ha avuto il merito di acquisire all’Opus beethoveniano anche parti di movimenti singoli, frammenti e schizzi che pur risultando assolutamente non avvicinabili a forme di catalogazione come opere complete, pur tuttavia hanno profondamente innovato la ricerca sull’intero corpus musicale del genio di Bonn, dopo la catalogazione ottocentesca dovuta al Nottebohm. La quarta introduzione è di James F. Green, ossia dell’autore dell’edizione in inglese del catalogo Hess da cui è stata fatta la traduzione italiana per i tipi dell’editore Zecchini. Il Green riassume sia i pregi (molti) del catalogo Hess dalla prima edizione nel 1931 sino all’ultima con appendici del 1957 sia i difetti (pochi) dovuti all’inesausta  opera di ricomposizione dello sterminato opus beethoveniano che dovrà attendere il lavoro ancora di schiere di ricercatori e studiosi per sperare un giorno nell’effettivo completamento del catalogo delle musiche di Beethoven che, come è noto, furono messe all’asta e disperse per il mondo, rendendo così il recupero dell’opera omnia del musicista di Bonn oltremodo difficoltoso e ancora lungi appunto dall’essere completato. Il lavoro innovativo del Green è consistito proprio nel completare ed estendere, con l’apporto dei nuovi studi sull’Opus beethoveniano, quanto era sfuggito, per così dire, o addirittura era stato anche talora travisato in buona fede dallo studioso svizzero.  L’interesse quindi di questa insolita messe di introduzioni risiede proprio nel dare esse pienamente ragione e contezza della storia culturale di questo recupero, avviato da illustri studiosi in pieno Ottocento e dai centri di ricerca musicologica più prestigiosi in Europa e nel mondo, ai quali si è aggiunta la catalogazione di Willy Hess che ha potuto utilizzare grande parte dei risultati di catalogazione acquisiti tra Otto e Novecento, come d’altronde è bene messo in evidenza dalle due ultime introduzioni – la quinta e la sesta – nelle quali, nella presente edizione italiana, lo studioso e musicista di Winterthur ha modo di ripercorrere e riassumere con affabulante precisione pressoché tutti i più rilevanti tentativi di catalogazione dell’Opus beethoveniano.. La connotazione poi quasi affatto narrativa della descrizione delle composizioni di Beethoven accolte nel catalogo Hess è il tratto distintivo e, come a dire, il fascino e il merito del lavoro di un’intera vita dello studioso. Fra i numerosi esempi che si potrebbero fare di questa fascinosa catalogazione dello Hess, compendio di grande erudizione e di passione senza limiti per la musica di Beethoven, mi sia consentito soffermarmi sul capitolo dedicato alle Canzoni italiane a cappella (pp. 98-111) composte da Beethoven in numero di 32 – secondo la catalogazione operata dal Thayer – in un periodo compreso tra il 1793 e il 1802 quando il genio di Bonn apprendeva da Antonio Salieri i segreti compositivi del canto italiano. I testi poetici sui quali Salieri faceva esercitare Beethoven sono tutti, notoriamente, di Pietro Metastasio. Emerge così attraverso la ricostruzione rigorosa e appassionata di Hess il debito contratto da Beethoven e dalla Wiener Klassik, di cui il musicista fu quasi affatto protagonista assoluto, nei confronti della tradizione italiana della musica vocale, rappresentata appunto attraverso tutto il XVIII secolo dalla poesia per il teatro musicale del poeta romano e Cesareo. Ma la frequentazione dei versi di Metastasio da parte di Beethoven va ben oltre i primi anni dell’Ottocento, se, come nota lo stesso Hess, egli ancora nel 1814 torna a comporvi musica. Ad integrare le notazioni dello studioso svizzero e dello stesso Green, sia consentito richiamare le osservazioni di Roman Vlad che ricorda nel saggio, Metastasio, Salieri e la scuola viennese in La tradizione classica nelle arti del XVIII secolo e la fortuna di Metastasio a Vienna, a cura di M. Valente e E. Kanduth, Roma, Artemide, 2003, pp. 3-20; 9, come le Trentatré variazioni su un Valzer di A. Diabelli, op. 120 per pianoforte, portate a termine nel 1823 e pubblicate nell’anno successivo presentino «elementi riconducibili inequivocabilmente a figure musicali che Beethoven aveva plasmato in origine sui fonemi, sui metri e sulle frasi di Metastasio». Un altro tassello quindi della ricostruzione dell’opera beethoveniana può essere riempito grazie alla pubblicazione in italiano del catalogo Hess, capace di suscitare non solo nel comune lettore ma anche negli studiosi e negli amanti della Wiener Klassik le domande utili a scorgere e a proporre le correlazioni e le interazioni tra la musica di Ludwig van Beethoven e la grande tradizione della musica vocale italiana. È questo uno tra i tanti meriti  rilevanti e non trascurabili della pubblicazione di un catalogo come quello di Willy Hess capace di offrire la mappa del percorso creativo di uno tra i protagonisti assoluti della musica occidentale mediante un linguaggio descrittivo e partecipativo non condizionato da tecnicismi specialistici e da aride catalogazioni ma strutturato come vero e proprio work in progress. Ed è proprio  questo assetto che James F. Green ha saputo garantire, offrendo integrazioni, commenti, correzioni e ampiamenti di informazioni critiche, storiche e filologiche, tali da valorizzare una catalogazione delle opere di Beethoven come quella ormai storica di Willy Hess.

    
 

Mario Valente Luglio 2007

 
         

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