Mefistofele

Opera in un prologo, quattro atti e un epilogo

Parola e Musica di Arrigo Boito
Edizioni Ricordi, Milano

Teatro dell’Opera di Roma, replica di martedì 23 Marzo 2010

 

Mefistofele   Orlin Anastassov
Faust             Stuart Neill
Margherita    Amarilli Nizza
Marta            Letizia Del Magro
Wagner         Amedeo Moretti
Elena             Amarilli Nizza
Pantalis         Letizia Del Magro
Neréo            Maurizio Rossi

 

Maestro concertatore e Direttore Renato Palumbo  Maestro del Coro  Andrea Giorgi
Regia  Filippo Crivelli    Impianto scenico   Andrea Miglio   Costumi  Anna Biagiotti
Video designer  Michele della Cioppa   Coreografia   Gillian Whittingham   Disegno luci
Agostino Angelini
Nuovo allestimento ispirato ai bozzetti originali di Camillo Parravicini

 

Le sette rappresentazioni del Mefistofele di Arrigo Boito, la prima martedì 16 Marzo e l’ultima replica martedì 23 Marzo, hanno costituito un grande avvenimento artistico e spettacolare per la stagione 2010 del Teatro dell’Opera di Roma, cui ha arriso un notevole successo di pubblico e della critica.

Seppure ridotta ad un’esecuzione di poco più di 2 ore e cinquanta minuti dalle oltre quattro ore della già rimaneggiata rappresentazione voluta da Boito nel 1871, dopo l’insuccesso del primo Mefistofele nel 1868 della durata di cinque ore e mezzo, il nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma si è avvalso di tutti i migliori strumenti multimediali oggi disponibili, a cominciare dalle proiezioni video sul telo e sul fondale del palcoscenico ispirate ai bozzetti originali creati da Camillo Parravicini  per le esecuzioni del 1955 e del 1961 alle Terme di Caracalla.

Questo strumento ha consentito una lettura dell’opera lirica di Arrigo Boito non soltanto di grande fascinazione per la rievocazione delle atmosfere culturali profonde e di crisi respirate dalla società e dalla borghesia intellettuale italiana uscite da pochi anni dalle imprese risorgimentali con la difficile e tormentata conquista dell’unità nazionale, ma ha anche conferito all’ambiziosa Gesamtkunstwerk il completamento appunto di quell’Opera totale alla quale Arrigo Boito, librettista e musicista del Mefistofele, certamente aspirava, sulle tracce di quel Richard Wagner, presente non a caso tra i personaggi che affiancano Faust nel suo divenire preda del Male.

La riscoperta di questa opera lirica da parte del Teatro dell’Opera di Roma, dopo che Mefistofele è entrato con qualche difficoltà nel repertorio dei teatri italiani ed europei, offre l’opportunità di ripensare e riesaminare il ruolo assolto dal melodramma ottocentesco nello sviluppo dei grandi temi etici, culturali e scientifici, sociali e politici, dibattuti negli anni seguiti alla nascita dello Stato unitario, del quale nel 2011 avremo le celebrazioni del 150° anniversario.

Vogliamo in particolare riferirci al rapporto dialettico, ora di rivalità, ora di difficile ma sempre ricercata collaborazione tra Giuseppe Verdi e Arrigo Boito.

               

La chiave per capire il ruolo assolto dall’opera lirica italiana nella costruzione di senso e significati della coscienza nazionale nel climax risorgimentale ottocentesco, sembra proprio offerta dalla rappresentazione del rifiuto con cui questo Mefistofele riesce a mettere sotto scacco un ordine morale, culturale, scientifico, sociale e politico sovraordinato ed imposto ad ogni sorte e destino degli italiani di qualsiasi condizione e ceto sociale individuale.

La sensibile trasfigurazione scenografica della comune memoria e tradizione religiosa cattolica alla fine del prologo sinfonico con l’apparizione di Mefistofele sulla torre meccanica che immette nel configurarsi delle cattedrali quali fabbriche dell’industria capitalistica dissacra ogni illusione di partecipazione individuale verso la costruzione di una comunità coesa, cioè unita da consapevoli fini realizzabili.

La stessa ricerca da parte di Faust dell’immortalità conquistata nel sapere scientifico, con l’aiuto di Mefistofele, entra in insanabile contrasto con la ricerca della felicità individuale e familiare rappresentata dall’amore per Margherita condotta dal Male a negare e sopprimere gli affetti più sacri pur di conquistare anch’essa la propria autonoma sovranità.

La sconfitta dell’egoismo possessivo di cui ognuno dei protagonisti è a suo modo artefice, con diversi scopi e mezzi, tra loro pressoché incomunicabili, rivela nell’opera lirica di Arrigo Boito il fallimento della possibilità della declinazione della storia post-risorgimentale nella prospettiva virtuosa del noi, cioè dei valori etico-religiosi della tradizione cristiano-cattolica ed in quella della koyné popolare e populistica cantata dalla grande opera verdiana.

Se questo – come riteniamo – è il contributo del disincanto cui approda il cinismo critico di Arrigo Boito dopo avere partecipato egli stesso alla III guerra di Indipendenza, al di là di ogni retorica dei valori e di ogni sorte felice e progressiva, questa esecuzione del suo Mefistofele consente di riscoprire anche un compositore per nulla affatto né semplice né scontato, anzi estremamente agguerrito nel produrre assonanze, suggestioni e avvicinamenti, con il linguaggio della musica, al senso della crisi che ha investito ormai un’intera epoca.

Forse più che con l’influenza di Nietzsche riteniamo che il compositore forse più colto della generazione della seconda metà dell’Ottocento vada misurata con quella della noluntas di Arthur Schopenhauer, ovvero con il tentativo di contenere più possibile il desiderio come motore del vivere, fino all’annullamento della stessa illusione della contemplazione, esemplificata nell’ultimo Atto con la dissacrazione del mito arcadico e di Elena, emblema dell’amore classico ed apollineo.

La direzione orchestrale del M° Palumbo si è rivelata tra le più misurate ed accorte nell’assecondare una partitura piena di discontinuità armoniche e melodiche, rivolta all’enfatizzazione del canto narrante dei personaggi, dei quali è soprattutto piaciuto per presenza scenica e portanza vocale il basso Orlin Anastassov nella parte di Mefistofele, mentre il tenore Stuart Neill in quella di Faust ha dato un’ennesima dimostrazione delle sue doti interpretative anche se forse è parso non completamente a suo agio nella figura tormentata e irresoluta del suo personaggio.

Ottimo il contributo del coro, perfettamente preparato nel rappresentare l’attore collettivo-popolare non-decidente.

Infine, un sincero plauso al libretto di sala come pochi denso di interessanti notazioni storico-culturali e completo nell’informazione artistica, anche se l’analisi letteraria e filosofica della figura e dell’opera di Arrigo Boito risulta trattata come a compartimenti stagni, cioè non esaurientemente vagliata alla luce della più recente storiografia.

 

Roma, 26 Marzo 2010                                                     Mario Valente

 
 

 

 

Metastasio - Farinelli - Chi siamo - Editoria - Orchestra - News - Comitato Nazionale - Links - Contatti - Stampa - Ch. Burney - Archivio News - Mappa

Copyright (C) 2004-2005 Mario Valente e Comitato per le Celebrazioni di Pietro Metastasio. Tutti i diritti riservati.