MARIO VALENTE

Campus di Fisciano, 16 dicembre 2014

Saverio Mattei e Pietro Metastasio: breve storia di uno straordinario sodalizio a distanza, dall’arrivo di Maria Carolina alla crisi dell’Ancien régime nel regno napoletano di Ferdinando IV

In questa relazione ci si occuperà essenzialmente del contributo di Saverio Mattei e di Pietro Metastasio alla vita politica, artistico-culturale pubblica dei regni/imperi dell’Ancien régime ai quali ognuno di loro appartenne.

La loro amicizia servì allo scopo, determinato dalla funzione pubblica acquisita, affinchè i valori etico-artistici espressi come eminenti letterati e poeti consentisse   loro di svolgere nell’Impero e nel Regno di Napoli una benefica influenza sia sui poteri politici dominanti sia nella cerchia degli intellettuali dell’epoca con i quali entrambi strinsero intensi e numerosi rapporti.

Saverio Mattei                                    Pietro Metastasio

Possiamo perciò dire che i rapporti epistolari tra Saverio Mattei e Pietro Metastasio offrono l’occasione per colmare le vistose lacune, segnalate da molti, riguardo, in particolare, alla rilevante funzione dell’illustre figlio di Montepaone nella storia e nei gruppi intellettuali italiani e napoletani del XVIII secolo.

Allo scopo di fare emergere in tutto il suo valore il ruolo esercitato da Saverio Mattei nel suo tempo non ci si può limitare, comunque, ad analizzare esclusivamente l’importante e lungo carteggio con Pietro Metastasio, Poeta Cesareo a Vienna, oramai anziano, carico di gloria e prestigio in tutta Europa: è necessario, piuttosto, chiamare in causa le personalità e le figure storiche e politiche direttamente o indirettamente coinvolte nello straordinario sodalizio a distanza sia da parte dell’allora giovane protagonista napoletano delle lettere, antiche e moderne, della musica e della giurisprudenza, sia appunto da Pietro Metastasio, massima autorità nel teatro musicale del secolo, nonché rivolto personalmente, non solo a motivo di nostalgie giovanili, seppure anche queste siano presenti nello scambio epistolare tra i due poeti, a rinsaldare negli anni Sessanta i legami con Napoli e il suo mondo culturale, politico ed artistico nel quale avvenne nel lontano 1724 l’esordio clamoroso e fortunatissimo nel melodramma con Didone abbandonata.

In ogni caso, la ricostruzione del contesto culturale, storico e politico non può che essere compresa tra le date di inizio e di fine della lunga relazione epistolare dei nostri amici.

Intrapresa su iniziativa del giovane Saverio Mattei nei primi mesi del 1766 – (manca la data della prima lettera del Mattei, e purtroppo anche molte delle successive, a quanto finora risulta, non essendo state tutte riportate, se non poche, nelle varie edizioni de I libri poetici della Bibbia) – il carteggio Napoli-Vienna-Napoli, con la prima risposta del Cesareo il 1° aprile 1766, sarà chiuso da Pietro Metastasio il 3 agosto del 1781 con una missiva alla quale non sappiamo il Mattei abbia mai fatto seguire un’altra sua. Fatto sta che il Poeta Cesareo concludeva la sua esistenza otto mesi dopo, il 12 aprile del 1782 a Vienna. Conosciamo, quindi, quasi esattamente, grazie alla funzione di copia-lettere di Metastasio assolta da Giuseppe Martinez e soprattutto dal sig. Ercolini, le lettere indirizzate dal Poeta Cesareo al Mattei che assommano al rispettabile numero di 56.

Le condizioni storico-politiche derivate dai conflitti bellici in Europa susseguenti alla guerra dei Sette anni (1757-1763) ebbero l’effetto di promuovere il sodalizio artistico-letterario tra il Mattei e il Poeta Cesareo.

Maria Teresa d'AsburgoMaria Teresa, infatti, alla ricerca  di un nuovo sistema di alleanze in grado di fronteggiare l’ascesa della potenza prussiana nel centro-Europa, nonché l’indebolimento della monarchia francese nei riguardi dell’Inghilterra risultata vittoriosa nel dominio delle colonie d’oltre Oceano sia ad Ovest che ad Oriente, in Asia e in Africa, tre anni dopo la fine della guerra dei Sette anni, nel 1766, proponeva l’alleanza con Napoli facendo sposare una delle sue figlie, l’arciduchessa Giuseppina, con il giovane Ferdinando IV, Re delle Due Sicilie. Giuseppina, purtroppo, moriva di vaiuolo a Vienna nell’ottobre del 1766 e Maria Teresa era costretta a sostituire questa con lo sposalizio per procura con Ferdinando di Borbone di un’altra sua figlia, la giovanissima Maria Carolina.

Il matrimonio, sebbene nato non sotto buoni auspici, sarebbe durato a lungo e avrebbe segnato tumultuosi passaggi d’epoca: prima la modernizzazione filo-spagnola di Napoli, auspice il primo ministro, il toscano Bernardo Tanucci, poi la estromissione di quest’ultimo da parte di Maria Carolina per favorire l’autonomia del Regno napoletano dalla Spagna con la promozione di stampo regalistico di riforme giurisdizionali, culturali, economiche e sociali, ed infine la crisi del sistema feudale illuminato a Napoli determinato dalla Rivoluzione francese e dall’avvento della Repubblica partenopea del 1799.

Ferdinando IV di Borbone                  Maria Carolina d'Asburgo

Nel quadro storico generale del Regno delle Due Sicilie l’arrivo di Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, per iniziativa dell’azione di governo del Tanucci, nell’ottobre 1767 era preceduto dalla decisione di espellere i Gesuiti da Napoli e dal Regno, allineandosi così alla decisione di Carlo III in Spagna a difesa dell’assolutismo monarchico insidiato e contestato dalla Compagnia di Gesù in tutti i sistemi politici europei dell’Ancien régime.

Bernardo Tanucci                                        Carlo III di Borbone

Potremmo già osservare che la cornice o contesto storico-politico del rapporto durato quindici anni tra Saverio Mattei e Pietro Metastasio è talmente ricco e complesso per i mutamenti destinati a coinvolgere in questo lasso di tempo tutte le classi sociali, dalla nobiltà al popolo basso ai gruppi intellettuali, dalla Chiesa al potere dei sovrani di Napoli, tanto da sollecitare ad interrogarci se Saverio Mattei, alla fine degli anni Sessanta giovane intellettuale in ascesa sotto i trenta anni di età, e il famoso e maturo Pietro Metastasio, veleggiante verso i settanta anni, abbiano saputo interpretare i tempi nel ruolo loro proprio di  rappresentanti, nelle arti e nella cultura, delle rispettive corti a Vienna e a Napoli.

Dal lato di Saverio Mattei, l’arrivo a Napoli di un’arciduchessa di casa Asburgo, Giuseppina, già promessa sposa fin dal 1766 del giovane Ferdinando di Borbone,  definitosi poco dopo tra il 1767 e il 1768 con l’arrivo di Maria Carolina, spingerà il traduttore dalla lingua ebraica de I libri poetici della Bibbia ad entrare in diretto contatto con il Poeta Cesareo, quale non solo modello di una poesia alla quale Mattei ispira la sua versificazione italiana delle antiche scritture, ma come massimo interprete di una intera tradizione culturale – la classicità greca e latina – che ha ottenuto in Europa l’universale riconoscimento, da parte della più importante casata regnante, l’impero degli Asburgo, di costituire la matrice comune da cui è scaturita un’intera civiltà e tutte le sue genti nelle differenze di lingue e credenze religiose.

L’accordo diplomatico, infatti, tra Impero e Regno delle Due Sicilie, promosso da Maria Teresa, a distanza di oltre trent’anni dalla sconfitta del padre l’imperatore Carlo VI, cioè dalla estromissione e dalla conclusione nel 1734 del vice-Regno asburgico a Napoli, sembra stemperare, mandando definitivamente nell’oblio, le storiche rivalità alla luce in particolare del fattore unificante non solo delle nozze reali tra le due casate ma anche della comune assoluta rilevanza a Vienna e a Napoli delle arti, della poesia e di quel teatro musicale che neutralizza ogni barriera politica ed ogni velleità bellicistica facendo risuonare nelle rispettive capitali, costantemente, nel trascorrere dei decenni, i drammi di Metastasio con le musiche dei compositori della scuola napoletana (dal sassone Hasse a Niccolò Porpora a Niccolò Jommelli) e di quel Ch. W. Gluck, astro nascente in Centro Europa dell’opera seria di cui vorrà proporsi come riformatore dopo, peraltro, avere messo in musica per il San Carlo nel 1752 La clemenza di Tito di Metastasio.

J. A. Hasse                                                                       N. Jommelli

Ch. W. Gluck

Dal lato di Metastasio, d’altro canto, l’arrivo a Napoli di una delle sue giovanissime illustri allieve alla corte viennese nel canto e nella musica, Maria Carolina tra le più giovani figlie di Maria Teresa insieme all’amata sorella Maria Antonietta, era stata seguita quasi passo dopo passo, quasi con le premure di un padre che vede con trepidazione staccarsi dalla casa di famiglia una tra le sue creature più innocenti, ancora ignare del mondo, tanto da farla accompagnare al matrimonio con il figlio di Carlo III – ormai da quasi dieci anni Re di Spagna a Madrid – dalla contessina Maria di Canale, figlia del suo più stretto amico a Vienna, il conte Luigi Malabaila, ambasciatore del Re di Sardegna alla corte di Vienna. Così scrive Metastasio da Vienna il 18 aprile 1768 al fratello Leopoldo, come se assistesse direttamente alle diverse fasi dell’avvicinamento di Carolina a Napoli e allo sposo promesso:

Leggendo voi questa lettera sarete più vicino alla reale sposa siciliana [così Metastasio chiama la giovanissima Carolina d’Asburgo, sposata per procura a Ferdinando di Borbone, n.d.r.], di quello ch’io sono ora scrivendola. Ella sarà sulle mosse delle rive dell’Arno alla volta del Lazio [passando per Firenze, al corteo viennese si era unito Leopoldo di Toscana, fratello di Carolina, per volontà di Maria Teresa, con l’intento di condurre la sposa all’altare in rappresentanza della casata Asburgo, n.d.r.], poiché il dì 11 dell’imminente maggio passerà (secondo lo stabilito itinerario) l’impositum saxis candentibus Anxur [Terracina, n.d.r.] e sarà consegnata alle matrone e commissari partenopei. Quindi il suo seguito austriaco ritornando indietro verrà in Roma e alloggiando nella Villa Medici (a quel che mi assicurano) vi si tratterrà otto o dieci giorni. In questi convien che voi procuriate […] di vedere e rivedere la signora contessina di Canale munito delle plenipotenze paterne e mie. Voi non troverete nella figura di questa donna il diminuitivo di contessina; ella contende con Pallade di spirito, di virtù, di decenza e di statura. Ditele […] ch’io non pretendo al primo, ma non cedo il secondo luogo a nessuno dei moltissimi che sospirano il suo felice ritorno.

Il Poeta Cesareo confessava in qualche modo, raccomandandosi ai buoni uffici del fratello Leopoldo, di essersi impegnato con l’amico Luigi Malabaila conte di Canale a far tornare sana e salva la figlia a Vienna dopo averla inviata come nume tutelare al seguito dell’arciduchessa/regina, e a non imitare la sua augusta protetta, evitando di incorrere quindi in impreviste ed imprevedibili tentazioni matrimoniali.

Occorre comunque ricordare che Carolina, appena varcato proprio a Terracina il confine di Napoli, dopo avere fatto lì la conoscenza di Ferdinando di Borbone andato a riceverla, così riferiva alla madre le impressioni del suo primo incontro con lo sposo, mostrando fin ab initio sia una consapevolezza del ruolo assegnatole sia, con una singolare premonizione, quello che sarà un lungo e tormentato rapporto matrimoniale, politico ed esistenziale, promessa di infeliticità e di tragiche contraddizioni alle quali sarebbe andata incontro a causa di ben altri imprevisti, determinati soltanto indirettamente, dalla diplomazia dei matrimoni di Maria Teresa:

È assai brutto, ma a quello ci si abitua. [chiaro riferimento a Ferdinando di Borbone, n.d.r.] Per quanto riguarda il suo carattere, è assai migliore di quanto me lo avessero dipinto. Devo confessare che lo amo per sentimento di dovere.

(In ossequio ai suoi sentimenti di dovere, Maria Carolina ebbe dal consorte ben 17 tra figlie e figli, nonché per lo meno tre amanti per compensare l’obbediente dedizione alle prescrizioni diplomatiche della madre, Maria Teresa).

Il ritorno a Napoli degli Asburgo nelle vesti della giovanissima Maria Carolina, consentirà comunque a Bernardo Tanucci di reggere la barra politica affidatagli appunto dal re di Spagna nel quadro preferenziale del patto di famiglia – ben noto agli storici del XVIII secolo – nel quale sono iscritti i non semplici né facili interessi da difendere e promuovere dei Borbone assisi sui troni di Francia, Napoli e della penisola iberica. L’influenza del Tanucci durerà fino al 1776, anno nel quale Maria Carolina, avendo dato alla luce l’atteso erede maschio a Ferdinando, ottenendo di entrare nel Gran Consiglio della Corona, di fatto manderà in pensione lo strenuo difensore dell’autonomia politica della casata dei Borbone di Napoli.

Saverio Mattei e Pietro Metastasio possono dunque essere considerati, negli otto anni che Maria Carolina impiegherà a conseguire la maggiore età politica nel regno napoletano, fautori e/o sostenitori del Tanucci, o piuttosto della prospettiva neo-filo-asburgica quale futura configurazione  e dislocazione del Regno delle Due Sicilie nel contesto europeo?

Metastasio che non ha mai interrotto i rapporti con Napoli, che anzi ha conservato con cura nei lunghi anni che ormai lo separano dai mitici esordi partenopei degli anni Venti, come un diplomatico di grande esperienza, e navigato, diremmo oggi, entrando – guarda caso – in corrispondenza con Giacomo Martorelli, il dottissimo maestro/revisore nelle nobili antiche classiche lingue di Saverio Mattei, alle richieste del famoso grecista tiene un profilo basso, quasi schermendosi di non potere fare di più per promuovere a Vienna l’opera di uno studioso così insigne, mentre pochi mesi dopo allo stesso Mattei dichiarerà la sua aperta stima per il ministro Tanucci.

Il 30 ottobre 1769, perciò, Metastasio risponde con olimpica calma al Martorelli che scrivendo al Cesareo alla fine di luglio, più di tre mesi prima, aveva unito la sua traduzione a stampa de L’elogio di Omero di Alexander Pope, traduzione dedicata allo stesso Metastasio, dopo, peraltro, avere addirittura pubblicato una lettera sempre di Metastasio sulle di lui preferenze riguardo alla poesia di Ariosto e del Tasso, e in ultimo guarnendo – come scriveva Metastasio al fratello Leopoldo il 22 maggio 1769 – la traduzione del libretto del Pope con l’incisione del volto di Omero insieme a quella di un immagine del Cesareo con intorno un testo in greco che paragonava sullo stesso piano Metastasio ad Omero:

Alexander PopeChe posso io dir mai della bellissima lettera, quanto affettuosa e parziale, con cui cotesto illustre Comune [Napoli, n.d.r., che in ogni caso ha fatto propria e sostenuto l’iniziativa editoriale del Martorelli] ha voluto così eccessivamente onorarmi indirizzandomi l’elegante traduzione dell’elogio di Omero scritto dal celebre Pope? Che mai posso dir io, mio caro signor Martorelli, della strana esaltazione dell’immagine mia collocata al fianco del padre delle Muse? Nella giusta confusione che mi rende muto, non sono capace di pronunciar altro per ora che questa candida verità, cioè di non aver mai per l’addietro così bene scoperta tutta la mia picciolezza, come al presente la scopro negli amorosi sforzi della mia diletta Partenope per farmi grande. […] Voi, amico impareggiabile, voi che con l’autorità del vostro voto avete tanto conferito a procurarmelo[con il celebrarlo, intende Metastasio, n.d.r.], valetevi, ve ne supplico, delle armi medesime per far comprendere a cotesto benefico Comune che io posso accettar l’amor suo senza del tutto usurparlo come un generoso contraccambio di quello con il quale io, nell’incominciare a fare uso della ragione, incominciai, benché a più giusti titoli, a prevenirlo. Avrete assertori di questo vero in tutti coloro che mi hanno sentito finora, e che in avvenire mi sentiranno parlare della mia Napoli. Moltissimi l’han creduta perciò, e la credono mia patria, ed io, con una illusione che tanto mi lusinga, giungo non di raro ad ingannar me medesimo […].

(Lettera di Metastasio, Vienna 30 ottobre 1769 a Giacomo Martorelli, IV, pp. 770-1)

La bellissima densa lettera – sincera quanto splendida espressione di argomentazioni retoriche – continua con altri ringraziamenti per il dono anche del libro dell’abate Passeri l’Etruria omerica, ma, allorché Metastasio nel post-scriptum risponde alle richieste del Martorelli, ecco emergere il ruolo diplomatico, in nome e per conto di Maria Teresa, che egli sa di non poter interpretare ad esclusivo suo arbitrio, ben prima poi che siano riusciti a manifestarsi a Napoli per gli Asburgo i benefici effetti del recente matrimonio con l’inversione della tendenza che vede Partenope troppo dipendere da Madrid:

Sono sensibilissimo all’amichevole vostro generoso pensiero di provvedermi de’ vostri dottissimi volumi, ma non son meno imbarazzato di voi nel rintracciar le vie di farli trasportare. Gl’involti di qualche mole mancando ogni specie di commercio mercantile tra Napoli e Vienna sono difficilissimi a trasmettersi con sicurezza […] L’unica ottima occasione è il ritorno d’alcun nostro ministro da cotesta a questa Corte, ch’abbia la compiacenza d’accrescere il suo bagaglio. Io starò su l’avviso […].

L’altro commendabilissimo vostro disegno di offerire i libri sudetti all’imperatrice regina per arricchirne l’imperial Biblioteca non incontra minori inciampi. Saprete già che n’è bibliotecario il signor baron Vansuitten [M. deforma in vario modo il cognome originario di Gerhard e Gottfried Van Swieten, padre e figlio, funzionari di alto rango degli Asburgo, n.d.r.], e che questi non limita l’autorità della sua carica ne’ confini della Biblioteca, ma dispone di tutto ciò che è res libraria. […] Dopo queste premesse converrete che sarebbe imprudente e dannoso l’incamminare qualunque progetto letterario per altro canale che per questo. Io perciò ho fatto proporre da un suo confidente al signor barone suddetto il nostro pensiero, con la preghiera di secondarlo: ma egli ha risposto di non avere più l’arbitrio di fare alla sovrana somiglianti offerte, poiché il torrente degli omaggi letterari che inondavano ne’ tempi scorsi la reggia ha prodotto la risoluzione di non accettarne più alcuno. Io non mi accheterò alla prima repulsa, tenterò di nuovo il guado: ma non con molta speranza, poiché il soprannominato signor barone si mostra in tutto fortem et tenacem propositi virum.  (Ibidem, p. 773)

Non di meno, quasi due anni dopo la pressoché negativa risposta circa l’ingresso dei tomi del Martorelli nella Biblioteca imperiale viennese, Metastasio scriveva al grecista napoletano che Gottfried Van Swieten aveva di buon grado accolto nella suddetta Biblioteca gli scritti, come a sottolineare il riconoscimento del merito dello studioso grazie, peraltro, e forse soprattutto, al peso che alla corte viennese avevano i giudizi e il ruolo del Poeta Cesareo:

Non ho mai dubitato che il signor baron Wansvitten [ennesima deformazione da parte di M. del cognome “barbarico” e “arcivandalico” del potente consigliere della corte asburgica, permessa soltanto a chi si sarebbe come vantato con Charles Burney in visita  a casa sua l’anno dopo 1772 che egli in oltre 30 anni di permanenza a Vienna conosceva solo poche parole in tedesco, e soltanto «per sopravvivere»] avrebbe resa a V.S. illustrissima nella sua risposta tutta la dovuta giustizia, ma mi sono sommamente compiaciuto nel leggere così ben verificata la mia [ns. sottolineatura] espettazzione…e nel vedere in qual alto pregio sia tenuta la sua dottrina e gli scritti suoi da un così illuminato conoscitore […], essendo egli uomo candido e franco e di temperamento non lusinghiero.

(Lettera di Metastasio a Giacomo Martorelli, Vienna 29 agosto 1771, V, p. 104)

M. MartinezLa medesima prudenza riguardo agli attesi ma non ancora attivi sviluppi politici dell’arrivo di Maria Carolina alla corte di Napoli fa consigliare a Metastasio nella corrispondenza sempre più fitta con Saverio Mattei – (i cui Salmi ed un Miserere vengono messi in musica con piena soddisfazione dell’autore e dallo stesso Poeta Cesareo da Marianna Martinez) – di tenere in grande e rispettosa considerazione l’azione di governo del Tanucci. Questi, fine letterato egli stesso, oltre che grande giurista, è pienamente disponibile e consenziente che i dotti e i poeti esprimano nelle loro opere le più felici speranze riguardo al matrimonio tra i rampolli della casate Asburgo-Borbone, ma pur chiamando proprio il Mattei a ricoprire l’insegnamento della grammatica greca nel collegio ex gesuitico di S. Salvatore, si tiene ancora ben lontano dal conferire agli intellettuali napoletani, così propensi ad esaltare questa unione, incarichi istituzionali – (ossia nel caso del Mattei, avvocato e giurisdizionalista, destinato alla toga di magistrato) – che possano in qualche modo incidere sulle profonde modificazioni dell’assetto feudale – che egli tiene saldamente ed esclusivamente nelle proprie mani –  quanto all’uso della grande proprietà terriera della sua rendita e delle attese intraprese produttivo-manifatturiere che vengono poste in essere dal Tanucci anche per marcare in particolare la totale autonomia statuale e pubblica di Napoli e del regno dalle pretese di sovranità ancora rivendicate dalla casata d’Austria, e insieme dai consistenti privilegi di vassallaggio pretesi dalla Chiesa di Roma, insieme alla conservazione di una rilevante proprietà terriera ed immobiliare. Dopo la presa del potere da parte di Maria Carolina, ovvero dopo la messa in pensione proprio del Tanucci, al regalismo di questi la regina e Ferdinando di Borbone non potranno che dare seguito per il consolidamento degli indubbi vantaggi conseguiti dal politico e giurista toscano per l’economia del Regno e per l’erario; anzi, nel 1778, Ferdinando, sviluppando l’azione del Tanucci inaugurerà quel capolavoro sociale e manifatturiero della colonia operaia di San Leucio destinata alla produzione della seta e di veli, sotto la protezione più tardi, nel fatidico 1789, di un apposito Codice di leggi emanato dallo stesso sovrano.

Metastasio parteciperà da Vienna ai grandi mutamenti in Napoli, sia corrispondendo con gli esponenti della nobiltà, dalla principessa Anna Francesca Pignatelli di Belmonte al successore del Tanucci, il marchese Giuseppe Beccadelli della Sambuca, già da lui conosciuto nella capitale imperiale come ambasciatore di Napoli, sia con gli intellettuali, sostenitori di profondi e a volte radicali cambiamenti dell’assetto sociale culturale e politico di Napoli, da Domenico Diodati a Domenico Forges Davanzati a Michele Torcia.

Ma un vero capitolo a parte è il rapporto che avrà con Saverio Mattei fin dall’occasione di approvare la prudente attesa dell’amico sotto il governo Tanucci dell’affermazione dei suoi talenti letterari, giuridici e di grande studioso delle lingue antiche.

A Saverio Mattei, quindi, dopo averlo informato che l’invio in versi metastasiani delle sue traduzioni dei Salmi biblici a Vienna sta avendo da Marianna Martinez una partecipe ed entusiastica intonazione musicale, Metastasio conferma la sua approvazione alla rispettosa considerazione dovuta a Bernardo Tanucci:

Alla graziosa Memoria da lei a cotesto così dotto come saggio ministro signor marchese Tanucci indirizzata, sono ben giustamente dovuti quegli applausi che universalmente riscuote. Essa è facile, decente, ingegnosa e piena di quella urbana festività che fa ispirare ilarità senza il soccorso di alcun tratto scurrile […] I suoi tentativi possono servir per modelli. Io sono ormai sì convinto che per lei non vi sia cosa impossibile, che se le venisse il capriccio a volare, non dispererei  di vedermela comparire improvvisamente in camera per la fenestra. Ritrovo ogni dì più meravigliosa l’estensione de’ talenti de’ quali la natura l’ha abbondantemente arricchita; e perché l’amo quanto l’ammiro, vorrei pure che la fortuna nel favorirla prendesse esempio dalla natura. (lettera di Metastasio, Vienna 17 settembre 1771, V, p. 50).

È così che Metastasio, bongré malgré, tiene a mettere in guardia l’amico Mattei dal pretendere da lui stesso e dall’arrivo di Maria Carolina il rapido manifestarsi di magnifiche sorti e progressive nel regno. Nei riguardi di don Saverio il Poeta Cesareo mostra ormai una sincera ammirazione, quasi al limite di una confessione di umiltà a fronte della giovanile sapiente energia dello studioso, così come verso un’altra giovane poetessa, Eleonora de Fonseca Pimentel, con la quale egli intesserà un importante scambio epistolare.

L’appena sedicenne Eleonora, presentata a Metastasio dal dottissimo ecclesiastico pugliese Domenico Forges Davanzati, aveva inviato al Cesareo l’Epitalamio, Il tempio della Gloria, il componimento con il quale essa celebrava le nozze nel 1768 tra Ferdinando IV Re delle Due Sicilie con Maria Carolina arciduchessa d’Austria. Il 9 agosto 1770, Metastasio rispondeva al Davanzati unendo insieme una lettera di risposta alla de Fonseca e pregando questi di consegnargliela egli stesso. Al Davanzati, in fine di lettera, il Cesareo così definiva la giovanissima poetessa: «la valorosa protettrice di Dante», anticipando così all’amico il giudizio di sincera ammirazione per il talento fuori dal comune della letterata di origine portoghese, ribadito nella lettera all’autrice dell’Epitalamio con altrettanto sincero candore:

I saggi poetici, e specialmente l’Epitalamio, di cui ha la V.S. illustrissima l’obbligante cura di provvedermi, così per la nobile ed armoniosa franchezza con cui son verseggiati, come per la vivace immaginazione che gli anima e gli colora, e non meno per l’abbondanza delle notizie istoriche e mitologiche onde sono arricchiti, sarebbero già degnissimi di somma lode considerati unicamente in se stessi; ma dove si rifletta esser questi le prime produzioni de’ felici talenti d’una gentil donzella che ha incominciata appena la carriera del quarto lustro, crescono a dismisura di merito ed assumono ragion di portenti. Ha ben ella veduto che cotesta specie d’usurpazione dei dritti del sesso e dell’età mia avrebbe potuto essere in me per avventura cagione di qualche geloso rincrescimento: e, cortese quanto ingegnosa, me ne ha somministrato l’antidoto, asserendosi debitrice della luminosa fermentazione del nativo suo fuoco poetico all’assidua lettura degli scritti miei. Io presto ben volentieri, senza verun esame, tutta la mia fede a cotesta puramente ufficiosa asserzione, contentissimo di poter congiungere, al dovere della giustizia che le rendo, anche l’interesse dell’amor proprio.

La prima bellissima lettera di Metastasio ad Eleonora de Fonseca Pimentel – ne seguiranno per amore della precisione altre 11 per un totale di 12, fino all’ultima del 12 settembre 1776 – (l’anno, si noti la non casuale coincidenza, come abbiamo già ricordato, della conclusione dell’egemonia politica del Tanucci e dell’avvento dell’astro di Maria Carolina alla guida informale del governo di Napoli) – è la dimostrazione del profondo legame intellettuale, culturale e, potremmo esplicitamente dire, soprattutto politico nella chiave ideal-tipica del Potere (così come Max Weber l’avrebbe definita con le sue categorie teoretico-sociologiche) mai interrotto tra il partito degli intellettuali partenopei e il Poeta Cesareo nell’arco di oltre quattro decenni. Ora erano mature le condizioni perché fossero finalmente declinati e vissuti i valori positivi del genere umano: la giustizia la lealtà l’amore di patria, la magnanimità, l’amicizia e il perdono, in cui potevano sperare e specchiarsi sia le classi nobiliari, sia sentirsi rappresentati e garantiti i ceti popolari e le classi medie.

A Napoli, più che ed oltre Vienna, la poesia insieme alla musica avrebbero rappresentato per il genere umano la parusia del Bene, sensibilmente offerto e mostrato, perché la rigenerazione delle coscienze producesse le trasformazioni di un vivere secondo le necessità e le opportunità di una benefica natura.

La de Fonseca, dopo l’ultimo scambio epistolare con il Cesareo, inizierà a collaborare nel 1776 con Maria Carolina nel gruppo di intellettuali di cui la regina si attornierà per intraprendere a Napoli le riforme tipiche dell’assolutismo monarchico illuminato di marca asburgica; poi, con la crisi politica del ’97-’98 e il successivo avvento della Repubblica partenopea del ’99, sarà artefice del periodico rivoluzionario Il Monitore Napoletano che, insieme alla totale dedizione alla causa della Repubblica, le costerà la vita a seguito della reazione sanfedista e per decisione proprio di Maria Carolina che, sentitasi tradita da colei cui aveva affidato la cura della sua biblioteca e la sua protezione per farne una protagonista a Napoli del riformismo “illuminato”,  la farà impiccare a piazza Mercato il 20 agosto 1799.

La stessa sorte toccherà a Gregorio Mattei, figlio di Saverio, il 28 novembre 1799, colpevole di aver fatto parte dall’aprile dell’Alta Commissione militare della Repubblica, e di avere pubblicato il periodico Il Veditore Repubblicano, e forse di avere seguito le orme paterne sia nella composizione di poesie e sonetti in stile metastasiano, sia nell’aver abbracciato gli studi di diritto contribuendo alla critica di legittimità dei privilegi personali e reali derivati dal feudalesimo dell’Ancien régime.

Saverio Mattei era scomparso quattro anni prima, il 31 agosto del 1795, dopo avere raggiunto sotto il regno di Maria Carolina e Ferdinando di Borbone la maggior parte degli obiettivi della sua carriera, scalando mano a mano prima le cariche amministrative – anche per raggiungere la sicurezza economica garantita dalle cariche pubbliche –, a cominciare dalla nomina di avvocato fiscale della giunta delle Poste conferitagli dal primo ministro Giuseppe Beccadelli nel 1779 sino al coronamento, dieci anni dopo nell’aprile 1789, morto Ferdinando Galiani al quale succedette, nel conseguire la toga di consigliere e segretario del magistrato di Commercio. Insieme però all’attività forense che esercitò sempre per vivere sino a quando non divenne magistrato, Saverio Mattei raggiunse l’apice delle sue più riposte ambizioni allorchè nel 1790 fu incaricato dai regnanti di presiedere, come delegato, la giunta del Conservatorio della Pietà dei Turchini, coronando così nella sintesi teorico-pratica gli studi sugli intrinseci rapporti tra poesia e musica dagli antichi, dal teatro greco, ai moderni della sua epoca, così da poter documentare, grazie alla creazione di un organico archivio musicale via via arricchito da donazioni anche da parte di Maria Carolina, l’evoluzione del teatro musicale verso l’auspicata definitiva affermazione, sua e dell’amato Metastasio, e dell’intrinseca necessità di dare forma ad una comunicazione poetico-letteraria popolare, ovvero semplice e verosimile, a cui i toni della musica e il canto sapessero fornire le vesti più appropriate per accrescere la forza evocativa dell’una e dell’altra arte, fra loro alleate, e per intenderne i significati e il senso a tutti destinato.

All’innalzamento culturale ed intellettuale dei ceti nobiliari come della borghesia, del popolo basso come del clero, Saverio Mattei e il Poeta Cesareo avevano dedicato la loro esistenza, entrambi direttamente coinvolti nel rendere popolari e quindi a tutti comprensibili i rispettivi testi poetici, aumentandone  e come verificando la capacità di coinvolgimento emozionale, sentimentale e razional-passionale invocando l’adesione e la complice collaborazione dei compositori di musica, degli orchestrali non più considerati e tassati come meri artigiani ma liberi professionisti – (“vili meccanici”, usava ancora dirsi di loro in tempi non remoti) – dei cantanti, degli impresari teatrali.

Se leggiamo la lettera di Metastasio a Saverio Mattei del 9 luglio 1770 riscontriamo una straordinaria sintonia tra i due poeti anche su tutti gli aspetti particolari riguardo alle differenze tra la rappresentazione della tragedia nello spazio teatrale del mondo antico e le esecuzioni nel teatro modeno. L’argomentare nella sua semplicità tali differenze da parte di Metastasio rispondeva all’esigenza di richiamare ancora una volta tutti i protagonisti del teatro musicale del tempo alla necessità irrinunciabile del

coinvolgimento del pubblico per raggiungere quella compartecipazione emotivo-emozionale già provata e auto verificata dagli stessi autori dei drammi, poeti e musicisti, prima di mettere al mondo le loro creature.

[…] il teatro per tutta l’antichità drammatica ch’io conosco [M. cita Eschilo, Tespi coetaneo di Solone, fra i Greci, Livio Andronico tra i Romani], il teatro, dico, è stato sempre un luogo all’aria aperta, capace d’un popolo spettatore sino alla moderna invenzione delle nostre anguste, coperte e limitatissime sale, che or noi onoriamo del nome di teatri. Queste a creder mio han promosso, favorito, e reso possibile il compostissimo sistema della nuova musica tanto dall’antico differente. […]

Chi canta a cielo aperto ad un popolo intero ha bisogno, per farsi sentire, di spinger la sua voce col maggior sforzo possibile, e cotesto sforzo non è affatto compatibile col nostro portentoso sminuzzamento de’ tempi, eseguibile unicamente a mezza voce ed in luogo ristretto. Or, quando il canto è composto di tanto minor numero di parti, è sommamente minore anche il numero delle combinazioni che ne risultano, e per necessaria conseguenza è notabilmente più semplice […]

Basta una picciola dose di teorica per ragionare decentemente d’un arte; ma il divenire artista è dono privativo della lunga indefessa pratica, maestra di tutto, senza escluderne la virtù medesima, ch’ha dovuto perciò esser definita da’ saggi habitus animi ratione consentaneus. […] Questo penoso, eterno esercizio occupa comunemente tanto spazio della nostra breve vita, che non ne lascia per gli altri che sono necessari a rendersi atti agl’impieghi o militari o civili.

Raccogliendo la provocazione dell’impossibilità di distinguere ciò che allora, nel Settecento, come ai nostri giorni, intendiamo come lavoro intellettuale applicato in tutte le manifestazioni e i linguaggi delle arti e delle scienze rispetto al lavoro intellettuale posto in tutte le numerose e più diverse professioni ed attività artigianali della vita civile ed amministrativa, potremmo concludere che allora, come ai nostri giorni, la politica come cura, direzione e soddisfacimento delle giuste necessità di intere collettività all’interno di stati, nazioni e tra i più diversi e dissimili gruppi etnici per razza e colore della pelle, allora come oggi, non ha ancora raggiunto quell’habitus animi ratione consentaneus, a cui si conformarono nella teoria e nella pratica Saverio Mattei e Pietro Metastasio.

(continua)

Mario Valente

Salerno-Fisciano                                16 dicembre 2014

 

 

 

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