MARIO VALENTE

Lezioni di regia di Pietro Metastasio

Terza parte

 


Ignoto, François Jean de Beauvoir
marchese di Chastellux
, s.d.

 

In questa seconda lettera di risposta al marchese di Chastellux, in data 29 Gennaio 1766, Pietro Metastasio, dopo avere dichiarato il suo amore per la musica, a seguito e in accordo con l’elogio di quest’arte ribadito dal nobile francese, pur tuttavia fa osservare che spesso i compositori della loro epoca esprimono con le loro intonazioni stati d’animo e sentimenti stridenti e apertamente in contrasto con i testi e/o le situazioni evocate dalle narrazioni drammatiche, così da ingenerare nello spettatore la più sconfortante confusione, a dispetto della ricchezza evocativa sia della poesia quanto della musica, procurandogli una frustrante indecisione sia nel propendere verso la prima che nel preferire, all’opposto, la seconda.

La sorta di irresoluta schizofrenia indotta nel pubblico, al pari della indipendenza ed autonomia dell’uno rispetto all’altro linguaggio, a dispetto della ricchezza delle risoluzioni metriche inventate dalla grande tradizione greco-latina, sia nel campo della poesia che in quello musicale, rivela la necessità che una sola tra queste due arti abbia la possibilità di governare e guidare quell’insieme complesso, ma al tempo stesso riducibile a macchina semplice, coincidente con il melodramma.

La scelta da parte del Poeta Cesareo nel governare il melodramma non può non ricadere che sulla poesia, anche in presenza, in Francia, di un teatro che si chiama «lirico», perché, nonostante che la favola, i caratteri, l’elocuzione, la sentenza e la decorazione, ed infine la musica siano le parti che regnano nella tragedia, come racconta Aristotele, nonostante proprio la musica abbia la funzione di regolare armoniosamente le proporzioni delle voci per parlare ad un pubblico e farsi chiaramente da questo intendere, eppure «se in cotesto teatro lirico si rappresenta un’azione, se vi si annoda, se vi si scioglie una favola, se vi sono personaggi e caratteri, la musica è in casa altrui, e non vi può fare da padrona».

Anche ammesso che la musica abbia la possibilità di esercitare il ruolo di guida e di governo del teatro drammatico, in luogo e sostituzione della poesia, occorre che la musica «s’incarichi ella in tal caso della scelta del soggetto, dell’economia della favola; determini i personaggi da introdursi, i caratteri e le situazioni loro; immagini le decorazioni; inventi poi le sue cantilene, e commetta finalmente alla poesia di scrivere i suoi versi a seconda di quelle. E se ricusa di farlo perché di tante facoltà necessarie all’esecuzione d’un dramma non possiede che la sola scienza de’ suoni, lasci la dittatura a chi le ha tutte, e […] confessi di non saper comandare, ed ubbidisca».

Le inequivocabili argomentazioni di Pietro Metastasio a favore della poesia drammatica come fonte di ispirazione creativa della musica, vincolante lo stesso campo espressivo di quest’ultima all’interno del melodramma, non sarebbero state più confutate né ulteriormente discusse dallo Chastellux, sebbene, o forse proprio in ragione di ciò, stesse procedendo l’ affermazione anche in Francia della “riforma” del modello metastasiano condotta da W. Gluck e da Ranieri de’ Calzabigi con l’incremento dei recitativi accompagnati, una qualche indipendenza della composizione musicale dai versi, una certa riduzione dei “da-capo” e in particolare dei lunghi recitativi “secchi”, accompagnati dal solo basso-continuo, già in funzione di raccordo narrativo tra le scene e gli atti.

Stupefacente restava, pur sempre, in tutta Europa e nel mondo d’oltre Oceano dell’America del Nord e del Sud, la messa in musica della struttura poetico-narrativa del melodramma di Pietro Metastasio da parte di pressoché tutti i maggiori e “minori” compositori della seconda metà del XVIII secolo e da buona parte del secolo successivo, promossa non già sulla musicabilità del verso del Poeta Cesareo, come alcuni critici hanno scritto, o quanto meno non esclusivamente per questo motivo, quanto piuttosto a causa della straordinaria e irripetibile ricchezza poetico-rappresentativa della più grande tradizione culturale classica del mondo occidentale, fascino ed ispirazione ineguagliabile per il linguaggio della musica.

Mario Valente
Roma, 24 giugno 2011

 
 
 
 
 

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