IL CANTO DI FARINELLI E DI METASTASIO A VIENNA

Relazione di Mario Valente esposta al convegno internazionale di studi "Il Farinelli e gli evirati cantori"
Biblioteca Universitaria di Bologna, 5 - 6 Aprile 2005, Centro Studi Farinelli

(Versione provvisoria e preliminare del saggio in preparazione per la pubblicazione degli Atti del convegno)

 

 

3. Farinelli e Metastasio politici

Certamente la fattualità dell’operazione artistica cara ad entrambi i protagonisti è suffragata dalla configurazione del triangolo Vienna-Madrid-Napoli. Basta ricordare che negli anni precedenti la rappresentazione in prima assoluta a Madrid di Nitteti (1756), musicata da Nicola Conforto, accompagnata da un sonetto di Metastasio dedicato al Broschi, la collaborazione prende via via forma con il Demofoonte a Madrid, intonato da Baldassarre Galuppi (1750), musicista sul quale peraltro Metastasio esprime qualche dubbio, e con la rappresentazione a Napoli, lo stesso anno, del dramma , stavolta con partitura composta a due mani dall’amato Hasse e da Gaetano Latilla. Sempre lo stesso anno la collaborazione si sviluppa ancora a Madrid con la festa teatrale L’asilo d’Amore, con musica di Francesco Corselli, mentre Metastasio,dopo aver fatto circolare l’Attilio Regolo alla corte borbonica di Napoli, inviando il dramma alla principessa di Belmonte, tra una commissione e l’altra per Farinelli, spedisce anche a questi una copia, come a sperare che “non…la più popolare, ma la più solida certamente e la meno imperfetta di tutte le opere mie” (lettera al al conte Filippo Losy, dicembre 1749) possa trovare a Madrid buona accoglienza, e, perché no?, ricevere dall’amato Farinello nuova messa in scena. L’Attilio Regolo viaggia verso Madrid in compagnia di stallieri e dispacci equestri, nel corso dei preparativi per l’epica impresa del Poeta Cesareo di corrispondere alle attese del Broschi ( su mandato del marchese de Ensenada e del duca di Medina Coeli), che gli chiede l’invio da Vienna di una muta di 12 cavalli di grande taglia, gli Schwarzenberg, poi per scelta di Metastasio, cambiati nei più solidi e affidabili Lichtenstein, come suggerito peraltro dal conte generale di cavalleria Antonio d’Althann, figlio dell’amata Marianna. I cavalli aumentano da 12 a 16, a seguito di oculata ed economica decisione di Metastasio, impareggiabile amministratore delle rilevanti somme di denaro messe a disposizione dal Farinelli e dagli altolocati committenti spagnoli. La spedizione equestre per via terra partita da Vienna il 27 Maggio 1750 arriva a Madrid ai primi di dicembre dello stesso anno, seguita dagli equipaggiamenti, inviati per via mare. Nell’eroico compiersi dell’incarico affidatogli dal Farinelli e dalla corte spagnola, la fortuna di Metastasio a Madrid presso i reali si consolida e si accresce . Il Poeta Cesareo introduce e propone l’apporto compositivo di Niccolò Jommelli per l’intonazione del suo Demetrio , effettivamente rappresentato a Madrid nel 1751. Con una lettera al Broschi del 1 Agosto 1750 (mentre fervono gli scambi di missive tra i gemelli riguardo alla spedizione dei cavalli Lichtenstein)così Metastasio chiarisce e rende esplicito la misura dei rapporti tra poesia, canto e musica, così come egli da Vienna desidera sia affermata e consolidata anche sulla scena madrilena:

Il nostro buono e bravo Jommelli è fuori di sé di piacere per la vostra commissione… Desidero che contenti cotesto pubblico. Per voi non ne dubito, che come uomo di giudizio amate l’armonia e l’espressione. In Italia presentemente regna il gusto delle stravaganze e delle sinfonie con la voce, nelle quali si trova qualche volta il bravo violino, l’eccellente oboé, ma non mai l’uomo che canta: onde la musica non sa più muovere altro affetto che quello della meraviglia. La cosa è in un tale eccesso che conviene ormai che si cambi; o noi diventeremo con ragione i buffoni di tutte le nazioni. Già a quest’ora i musici e i maestri, unicamente occupati a grattar le orecchia e nulla curando il core degli spettatori, sono per lo più condannati in tutti i teatri alla vergognosa condizione di servir d’intermezzi ai ballerini, che occupano ormai la maggiore attenzione del popolo e la maggior parte degli spettacoli. Voi, padron mio, non avete picciola colpa in questo inconveniente: la vostra felicità meravigliosa con la quale avete dotata l’espressione ha invogliati un mondo di zoppi a seguitarvi: ma ci vogliono buone gambe a tenervi dietro, e fin d’ora non si trova chi le abbia.

A questa raccomandazione per Jommelli, tra i pochi compositori, secondo il Poeta Cesareo, capace di garantire e riservare al canto preminente funzione espressivo-comunicativa nel teatro musicale, segue il 15 settembre del 1750, da Frain in Moravia, una lettera di ringraziamento a Farinelli, e di commossa gratitudine verso Barbara di Braganza, per il sontuoso dono – un magnifico brillante – che la regina di Spagna ha voluto fargli, in segno di approvazione e ammirazione per l’Attilio Regolo. Il dramma non calcherà le scene di Madrid ma dal munifico segno di benevolenza del 1750, sino pressoché alla scomparsa di Ferdinando VI, nel 1759, alla corte di Madrid si può effettivamente dire che, auspice l’impareggiabile Carlo Broschi, fautore dell’opera seria di Metastasio, compleanni e onomastici del sovrano – così come accadeva a Vienna durante il regno di Carlo VI – sono scanditi da drammi e feste teatrali del Poeta Cesareo, o da adattamenti da lui stesso preparati da opere già composte, ovvero da libretti appositamente ed esclusivamente creati per Madrid. Nelle parole del Poeta Cesareo si avverte come il trasferimento e prolungamento nel tempo e nello spazio di quell’intesa che aveva regnato a Vienna tra lui e il Cesare germanico, e che ora a Madrid , sembra miracolosamente rinnovarsi, grazie alla regia impresariale di Carlo Broschi, con i sovrani spagnoli:

Senza far torto alla angelica penetrazione del vostro nume, confesso che non mi sarei mai lusingato che l’austerità del mio Regolo avesse potuto esser sofferta in coteste sfere. La delicatezza del sesso e quella che si dee naturalmente contrarre fra gli agi e le delizie reali non sogliono avvezzare il palato all’asprezza di quella rigida virtù romana ch’io mi sono studiato di ritrarre nel mio Attilio. Bisogna una solidità di talento troppo distinta dal comune per vincere a questo segno il sesso e l’educazione.

Le tangibili dimostrazioni di approvazione trasmessi a Metastasio dalla regina, da lui ricambiati con l’attestato di ammirazione per la sensibilità e il talento critico di Barbara di Braganza, erano corroborati di fatto nell’aprile del 1751. Per l’onomastico di Ferdinando VI, andava in scena, naturalmente sotto la regia e con direzione artistica di Farinelli, Festa cinese, con la musica di Nicola Conforto, rielaborazione nel titolo e in alcune parti de Le Cinesi, cui seguiva , per il compleanno del re, la già citata intonazione da parte dello Jommelli del Demetrio, il 23 Settembre del 1751, al Buen Retiro. Fuori dalle ricorrenze reali, l’anno dopo, 1752, andava in scena, sempre al Buen Retiro, il Siroe, con l’intonazione del Conforto.
Per il compleanno di Ferdinando VI, invece, rivista da Metastasio, Didone abbandonata, con la musica di Baldassarre Galuppi, veniva messa in scena al teatro del Buen Retiro, il 23 Settembre 1752. L’anno seguente, 1753, il compleanno del re di Spagna dava ancora l’opportunità di rappresentare, in una nuova veste approntata da Metastasio, dietro precise indicazioni di Broschi,
Semiramide riconosciuta, stavolta con la musica del fidato Niccolò Jommelli, in procinto di trasferirsi per un lungo periodo stabilmente alla corte di Ludwigsburg, presso il principe elettore del Wurttemberg.
Il 1753, in occasione dell’onomastico del re di Spagna e dell’inaugurazione del teatro di Aranjuez, Metastasio componeva espressamente ed esclusivamente per la corte di Madrid e per Carlo Broschi: L’Isola disabitata, chiamando il kapellmeister Giuseppe Bonno ad intonare la festa teatrale, al posto del troppo imprevedibile e indolente Niccolò Porpora, tenuto all’oscuro sia da Metastasio, sia da Carlo Broschi, suo allievo dei tempi giovanili, dopo un infruttuoso tentativo di committenza al vecchio e iroso maestro napoletano, tornato a Vienna, dopo l’esperienza inglese.
Per il compleanno di Ferdinando VI l’anno 1754 era la volta di rappresentare al Buen Retiro il dramma L’eroe cinese, con la musica di Nicola Conforto.
Ancora il compleanno del re, l’anno seguente 1755, consentiva la seconda rappresentazione del Demofoonte intonata dal Galuppi, presso il teatro del Buen Retiro.
L’anno 1756, per il compleanno del re, quindi –come ormai sappiamo – il 23 Settembre veniva rappresentato il dramma di Metastasio, Nitteti, messo in musica da Nicola Conforto, presso il Buen Retiro, sotto la direzione artistica di Carlo Broschi e della sua compagnia dell’opera italiana. Anche in questo caso, come già per L’Isola disabitata, Nitteti, accompagnato da un sonetto di Metastasio dedicato a Farinelli: “dell’opra eccitator primiero”, è composto esclusivamente per Madrid e per il sovrano spagnolo, e per lo meno sino a tutto il secolo XVIII, non verrà mai rappresentato a Vienna, come a dimostrare che il melodramma della maturità, forse il più impegnativo del Poeta Cesareo, per tessitura poetico-drammaturgica, per disegno registico-didascalico, per i cantanti scelti dai gemelli, i famosi Antonio Raaf e Teresa Castellini, ha incontrato nuovi destinatari, esterni alla corte della romana autorità del cesare germanico. Certamente Nitteti, per l’intreccio esotico e orientaleggiante, perfettamente in sintonia con le altre opere degli anni Cinquanta, da Le Cinesi all’Eroe cinese, da L’Isola disabitata, alle riproposizioni, a ben vedere dello stesso Siroe o della Semiramide, tutte, come si è visto, destinate alla corte di Madrid, sotto l’attenta supervisone e direzione di Carlo Broschi, rivelano una progettualità aperta sul mondo fascinoso del buon selvaggio, mito dell’incipiente civilizzazione coloniale europea, al quale, forse, Broschi e Metastasio intendono fornire suggestioni per una lettura colta di popoli e spazi lontani, pronta cioè a leggerne usi e costumi non secondo l’ottica di una speciosa diversità, piuttosto secondo quella di un’improbabile analogica supposta somiglianza, disponibile perciò stesso ad essere messa a fuoco, per capire i nuovi mondi, integrarli nella civiltà europea, accogliendo e metabolizzando i loro costumi. Del resto, il modello antropologico-culturale per i drammi allocati nel lontano ed esotico estremo oriente è mutuato da Metastasio dalla colta e sapiente esperienza della compagnia di Gesù. Non è casuale che Nitteti, dopo il grande successo del 1756 a Madrid, l’anno dopo venga subito rappresentato a Napoli al S. Carlo, con le musiche dell’astro nascente Niccolò Piccinni in collaborazione con quel Gioacchino Cocchi che Metastasio raccomanda a Farinelli per Madrid, e che invece troviamo con sorpresa partecipare alla partitura napoletana, per una rappresentazione in cui al cast eccezionale con Gregorio Babbi, Giovanni Manzuoli, Margherita Mergher, Ferdinando Tenducci detto il Senesino, Caterina Pilaja, detta la Pallade, si uniscono le scene di Vincenzo Re, uno dei maestri della scenografia teatrale del secolo. Lo stesso 1757. il S. Carlo di Napoli vede una nuova rappresentazione del Temistocle, pressoché con lo stesso cast eccezionale della Nitteti, intonato da Niccolò Jommelli, a dimostrazione del rinnovato prestigio ed interesse verso l’opera del Poeta Cesareo. Il dramma degli anni Trenta tematicamente e simbolicamente antecedente dell’Attilio Regolo come esaltazione della virtù patria del protagonista, attraverso la quale già il Poeta Cesareo aveva raffigurato la figura di Carlo VI, si propone come una vera e propria captatio benevolentiae nei confronti di Carlo di Borbone, re di Napoli. E’sicuramente significativo che per il figlio di Elisabetta Farnese, di lì a due anni destinato a trasferirsi da Napoli a Madrid per succedere a Ferdinando VI sul trono di Spagna, vengano allestiti questi drammi come a simboleggiare il proprio delle prospettive di governo dei Borbone in Europa e nel mondo, chiamati cioè a rinnovare i fasti della casata con il recupero della funzione civilizzatrice extra-europea della Spagna, e il buon governo e i successi politici nel Regno di Napoli. Il Canto di Farinelli e di Metastasio a Vienna, come all’unisono, legge nei segni politici del vecchio continente, il rinnovarsi del proprio onesto costante operoso lavoro per la felicità dei popoli e dei loro regnanti. Il 1757 è, infatti, l’anno dell’inizio della guerra dei 7 anni in Europa, del riavvicinamento degli Asburgo ai Borbone di Francia e in Europa in funzione anti-prussiana. Attraverso Madrid, con l’aiuto e la regia artistico-musicale di Carlo Broschi, Metastasio proietta la simbologia dei suoi drammi nel gioco dei rinvii politico-diplomatici del proprio tempo. Anche in quest’ottica, il sodalizio Broschi-Metastasio, spalleggiandosi l’uno con l’altro, novelli artisti associati, svolgono coerentemente e conseguentemente il proprio piano, che potremmo definire grandiosamente utopico, ovvero al limite di un’utopica follia : il Poeta Cesareo traguardando nel finire degli anni Cinquanta il realizzarsi del sogno giovanile della suprema imperiale romana autorità nel segno della cattolica universale civilizzazione –(con il riavvicinamento tra Maria Teresa e i Borbone di Francia e Spagna) – Carlo Broschi nel sublimare le ferite e i limiti inferti alla propria corporeità, conferendo senso e significato politico generale alla propria vita. Entrambi sono, in quel finire degli anni Cinquanta, non solo indipendenti ed autonomi arbitri del proprio destino, ma in grado di dettare le condizioni di un gioco in cui l’espressione artistica, la cura di essa – cara al Poeta Cesareo e al suo Carlucciello – divenga forma e sostanza di un progetto politico collettivo e generale. In questa prospettiva che si appaleserà illusoria ben presto già prima della morte di Ferdinando VI per il rifiuto di questi a mettere in opera il patto di famiglia tra le casate regnanti dei Borbone, siglato nel 1733 dal cardinale Alberoni , ribadito poi in Francia dal duca di Choiseul, e quindi negando la partecipazione della Spagna a fianco della Francia e dell’Impero nella guerra contro Prussia e Inghilterra, il progetto artistico dell’opera italiana volge al termine con la rappresentazione a Madrid nel 1757 de Il re pastore, messo in musica da Antonio Maria Mazzoni al teatro del Buen Retiro, cui seguirà l’ultima manifestazione festiva per il compleanno di Ferdinando VI, sempre al Buen Retiro, il 23 Settembre del 1757, con la rappresentazione dell’Adriano in Siria e le musiche di Nicola Conforto. La stessa successione di Carlo III al trono di Spagna nel 1759 è condizionata dall’accettazione imposta al figlio di Elisabetta Farnese di non unire mai sotto un unico potere le corone di Napoli e della penisola iberica. L’arrivo del nuovo sovrano a Madrid determina il vero e proprio allontanamento di Farinelli non soltanto e non già come da alcuni studiosi troppo insistentemente sostenuto per l’eccessiva ingerenza del sopranista negli affari di stato – il Tanucci è vero non nascondeva di non sopportare che decisioni spettanti alla corona e ai suoi ministri fossero state delegate da Ferdinando VI e dalla moglie a Farinelli – ma in quanto è proprio la definitiva separazione tra le prospettive politiche della Spagna e quelle di Napoli (sul cui trono sale l’ adolescente Ferdinando IV, figlio di Carlo di Borbone, affidato alle cure del ministro Tanucci) a rendere ingombrante e ridondante la funzione di Carlo Broschi a corte. In sostanza, se non sono date le condizioni generali idonee a invertire il processo di marginalizzazione della Spagna e dei Borbone locali rispetto ai flussi di sviluppo, di espansione, di potenza politica in Europa e nei continenti extra-europei delle rivali Inghilterra, Olanda, della stessa Francia, il nuovo sovrano non può più ricavare alcuna utilità dalla presenza e dal ruolo acquisito a Madrid dal Farinelli, nonché dai suoi rapporti con la corte di Vienna e, in particolare, con il Poeta Cesareo.
I grandi spettacoli dell’epoca di Ferdinando VI con la loro sontuosa magnificenza all’interno del ricostruito (dopo un incendio distruttivo) teatro d’Aranjuez, negli ambienti grandiosamente suggestivi del Buen Retiro – quasi una Schoenbrunn iberica – non svolgono più la funzione di proiettare all’esterno l’immagine di una Spagna che riprende a pieno titolo e con grande carica propulsiva il posto che le spetta nell’agone delle grandi potenze europee.
Carlo Broschi, infatti, come si è visto, nei rapporti con Metastasio, ad esempio a proposito della spedizione della sontuosa e costosissima muta di cavalli Lichtenstein da Vienna a Madrid, è arbitro non solo nella direzione degli eventi artistici e musicali (mediante i quali tende ad una vera e propria sprovincializzazione del gusto della prassi esecutiva teatrale-musicale spagnola troppo legata alle autoctone tradizioni vetero-barocche delle zarzuelas e degli intermezzi graciosos nel dramma per musica), ma è addirittura protagonista politico e amministrativo nella gestione dei cambiamenti strutturali e paesistici della Spagna con l’intervento da lui stesso voluto e diretto del mutamento del corso del fiume Tago per migliorare la pervietà di comunicazione delle merci e delle persone tra Nord e Sud della Spagna, tra questa e il vicino e rivale regno di Portogallo. Quasi a emulare poi le feste sul Tamigi dei reali inglesi rese meravigliosamente suggestive e trionfali dalle musiche di Haendel, Carlo Broschi ha fatto preparare sotto la sua attenta regia navigli ed arredi che sul Tago accompagnino in corteo viaggio ed approdo dei reali spagnoli nelle residenze madrilene, specialmente in quella Aranjuez, presso la quale il grande fiume di Spagna simbolicamente e realmente fa confluire gli eventi rappresentativi dell’intero regno dei tragici regnanti Barbara di Braganza e Ferdinando VI.. Finte battaglie navali, giochi spettacolari e ogni sorta di godimento festivo degli occhi e dell’udito (musiche e canti) sono il corredo che il direttore della vita artistica e musicale di Madrid ha progettato nella prospettiva di immortalare, celebrando für ewig ogni momento pubblico della vita dei reali spagnoli, l’utopistico ritorno della Spagna nel consesso delle grandi potenze europee. Grande sarà lo sgomento di Carlo Broschi al risveglio nella dura realtà dei rapporti politici effettuali, e, in particolare, quando dopo l’allontanamento da Madrid, neanche Napoli, sua seconda patria elettiva, dopo quella originaria di Andria in Puglia, vorrà accoglierlo e assegnarli un ruolo pur che sia nella sua vita artistica e musicale. La dimensione di cantante evirato travolge e disconosce qualsiasi altra realizzazione della sua arte e del suo essere politico, interrompendo per sempre nella sua persona la stretta relazione tra opera per musica e vita pubblica che egli con Pietro Metastasio, a Vienna, aveva messo nelle condizioni di specchiarsi l’una nell’altra. Per tragica ironia della sorte, ritiratosi definitivamente a Bologna, dopo il vano tentativo di ritrovare a Napoli non solo e non tanto la sua famiglia, i numerosi nipoti della sorella, quanto piuttosto ruolo e riconoscimento di grande cantante presso la corte del nuovo re di Napoli, dovrà constatare che Carlo III, in Spagna, ha deciso, peraltro improvvidamente, di entrare in guerra nella guerra dei Sette anni contro Prussia e Inghiterra, in tardivo ossequio al patto di famiglia dei Borbone. Siamo nel 1761, l’avventura politica delle grandi potenze in perenne conflitto sul finire del secolo per il dominio dei territori transoceanici d’America, d’Africa, dell’India e dell’Estremo Oriente, sta per concludersi definitivamente con la completa disfatta, quanto all’obiettivo fondamentale, della Spagna, la completa affermazione dell’Inghilterra, mentre, al tempo stesso, subito dopo, Maria Teresa giudiziosamente intesserà con Napoli e Parigi la politica dei matrimoni, destinando alla prima Maria Carolina, alla seconda l’assai meno fortunata Maria Antonietta.
Al fare operoso, artistico, politico e amministrativo di Farinelli, d’allora in poi, fino agli anni Ottanta, in funzione di sapiente ambasceria dell’arte e della cultura tra Vienna-Napoli e Parigi, subentrerà quella di Metastasio, apparentemente candida e senza pretese, ma capace con i vari Saverio Mattei, Eleonora de Fonseca Pimentel, Francesco Astore, Michele Torcia, Domenico Forges Davanzati, Antonio Serrao, di tenere alta la considerazione del piacere della bellezza, dell’arte e della poesia sulla scena del teatro musicale come indispensabile completamento della libertà di espressione. A questa lingua gli intellettuali artefici della realizzazione del sogno di fondare la Repubblica napoletana del ’99 si sarebbero riferiti, nell’illusione generosa che la cultura fosse in grado di trasformare il potere in un agire politico capace di diffondere in ogni volontà individuale senso, significati e operosità democratica. Fu quella la stagione, breve, tragicamente conclusasi, in cui Carlo Broschi avrebbe potuto riconoscersi come uno degli artefici della conquista del potere da parte della cultura
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CORRADO GIAQUINTO, Ritratto di Carlo Broschi (1755)

 

FRANCESCO BATTAGLIOLI, frontespizio del manoscritto di Carlo Broschi Farinelli.

 

 

FRANCESCO BATTAGLIOLI,  Ferdinando VI e Maria Barbara di Braganza ricevono da Carlo Broschi Farinelli  il suo manoscritto.

 

 

FRANCESCO BATTAGLIOLI, costruzione di scenografie teatrali sotto la direzione di Farinelli.

 

 

FRANCESCO BATTAGLIOLI,  costruzione di scenografie teatrali sotto la direzione di Farinelli.

 

 

FRANCESCO BATTAGLIOLI,  azione scenica diretta da Farinelli.

 

 

Azione scenica diretta da Farinelli.

 

 

FRANCESCO BATTAGLIOLI,  Farinelli dirige le prove di un melodramma .

 

 

Prove di una rappresentazione teatrale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ALESSANDRO SCARLATTI, Concerto Grosso n° 5 in Si min